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Lettera inedita di Paulo Freire

Dal testo Paulo Freire – Un educatore popolare di Sérgio Haddad, edito da il Punto Rosso Edizioni pp. 180-181.

Paolo lasciò un testo incompleto, interrotto dalla morte e pubblicato postumo da Nita in Pedagogia da indignação. In esso commentava l’assassinio dell’indio pataxós Galdino Jesus dos Santos, bruciato vivo nel 1997 da cinque adolescenti, nella stessa data in cui si celebrava la ‘giornata dell’Indio’: il 19 aprile.

“Hanno dato fuoco al corpo dell’indio come si brucia una nullità, uno straccio inutile, per crudeltà e gusto della morte. Per loro l’indio non era un tu o un lui, era quello, quella cosa lì. Una specie di ombra inferiore nel mondo. Inferiore e scomoda, scomoda e offensiva.
Che cosa assurda giocare ad uccidere indios, uccidere persone.
Continuo a pensarlo qui, immerso nell’abisso di una profonda perplessità, spaventato di fronte alla perversità intollerabile di questi ragazzi che sono diventati non persone, in un ambiente in cui decrescono, invece di crescere. Penso alla loro casa, alla loro classe sociale, al loro ambiente, alla loro scuola. Penso, tra l’altro, ai modelli di pensiero che hanno dato loro, e di come pensare. Alla posizione che deve avere il povero, il mendicante, il negro, la donna, il contadino, l’operaio, l’indio, in questo loro modo di pensare. Immagino l’importanza del vivere facile nella scala dei loro valori, in cui l’etica maggiore, quella che regge i rapporti nel quotidiano delle persone, deve essere mancata del tutto. Al suo posto, l’etica del mercato e del guadagno. Le persone che valgono per quello che guadagnano. Se nulla di questo, a mio parere, diminuisce la responsabilità di questi agenti della crudeltà, il fatto in sé di questa tragica trasgressione dell’etica ci avverte di quanto é urgente che assumiamo il dovere di lottare per i principi etici più fondamentali, come, per esempio, il rispetto della vita degli esseri umani, la vita degli animali, la vita degli uccelli, la vita dei fiumi e delle foreste. Non credo all’amore di uomini e donne, all’amore tra gli esseri umani, se non diventiamo capaci di amare il mondo. L’ecologia assume una importanza fondamentale in questa fine di secolo. Essa deve essere presente in qualsiasi pratica educativa che voglia essere radicale, critica e liberatrice. Se l’educazione, da sola, non trasforma la società, senza di essa nemmeno la società può cambiare. Se la nostra scelta é progressista, se siamo a favore della vita e non della morte, della equità e non della ingiustizia, del diritto e non dell’arbitrio, della convivenza con il diverso e non nella sua negazione, non abbiamo altro cammino se non di vivere pienamente la nostra scelta, incarnarla, diminuendo così la distanza tra quello che abbiamo fatto e quello che facciamo. Mancando di rispetto ai deboli, ingannando gli incauti, offendendo la vita, sfruttando gli altri, discriminando l’indio, il negro, la donna, io non starò aiutando i miei figli a essere seri, giusti, e amorevoli verso la vita e gli altri”.

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