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Nessunə si libera da solə

Tutti i brani dal reading della cena del 25° compleanno dello Spazio Antagonista Newroz

Di seguito i testi letti in occasione del reading andato in scena durante la cena dei festeggiamenti del 25 compleanno del Newroz. I brani sono stati selezionati a partire dalle motivazioni esplicitate nell’introduzione alle letture. I testi interi da cui sono stati tratti i passi riportati sono presenti nel catalogo online della libreria, consultabili / disponibili alla lettura durante gli orari di apertura.

INTRODUZIONE

Perché questo reading?
Abbiamo deciso di fare un piccolo reading durante questa cena, perché anche i momenti di socialità come questo per noi sono profondamente politici, e momenti che vogliamo usare per condividere e restituire quanto più possibile la direzione in cui stiamo andando. 
Per questo abbiamo deciso di selezionare dei passi da alcuni libri di autrici e autori che per noi sono importanti, che ci restituiscono la possibilità rivoluzionaria di ciò che vogliamo costruire, e la profondità politica di molti processi che portiamo avanti e che sempre di più vogliamo andare ad approfondire.

Da Chi tace è complice di Susan Abulhawa 

Siamo un popolo indigeno che lotta per liberarsi da questo stato di apartheid basato sulla supremazia ebraica fascista e la storia ci darà ragione.

Ci rifiutiamo di andare incontro al destino di altri popoli indigeni del mondo che sono stati vittime di genocidio, spinti ai margini delle loro terre d’origine, delle loro storie e del loro patrimonio. 

Tutti devono prendere posizione. Non esiste una via di mezzo. Chi tace è complice di genocidio

Dal libro Pedagogia degli oppressi di Paulo Freire

Il potere degli oppressori, quando cerca di rendersi gradito alla debolezza degli oppressi, si esprime quasi sempre come falsa generosità. Gli oppressori, falsamente generosi, hanno bisogno che l’ingiustizia perduri, affinché la loro ”generosità” continui ad avere occasioni per realizzarsi alimentandosi con la morte, lo scoraggiamento e la miseria. Questa generosità non può capire che la vera generosità consiste nel lottare affinché spariscano le ragioni che alimentano il falso amore. La grande generosità consiste nel lottare affinché queste mani, sia di uomini sia di popoli, si tendano sempre meno in gesti di supplica degli umili ai potenti, e diventino sempre più mani umane che lavorino e trasformino il mondo. La lotta, quindi, è un atto di vero amore.

Freire scrive sull’educazione rivoluzionaria e i compiti dellə rivoluzionariə

Semplificando, non ci si può avvicinare agli operai, urbani o rurali, per consegnare loro delle conoscenze come si deposita una somma in banca. 
Potremmo citare numerosi esempi di piani, di natura politica o semplicemente educativa, che sono falliti perché i loro realizzatori sono partiti da una visione personale della realtà. Perché non hanno preso in considerazione, neppure per un istante, gli uomini come esseri in situazione, ma sempre e solo come oggetti occasionali della loro azione. Per l’educatore umanista, o il rivoluzionario autentico, il luogo di incidenza dell’azione è la realtà, che deve essere da essi trasformata con gli altri uomini.
Spesso si dimentica che l’obiettivo fondamentale è lottare con il popolo per il recupero dell’umanità rubata, e non conquistare il popolo. Questo verbo non deve entrare nel nostro linguaggio, ma in quello del dominatore. Al rivoluzionario compete liberare e liberarsi col popolo, non conquistarlo.

Dal libro Bruciamo la paura del Collettivo Lastesis

Alcuni dissero ”Non siamo tutti così”, ”Perché mi chiami stupratore se non lo sono?” Perché tutto questo scalpore? Perché governi e stampa hanno bisogno di esprimersi in merito? Questo ci conferma che stiamo combattendo ancora oggi per esistere, comparire e alzare la voce. Sanno che non si salva nessuno, o quasi nessuno. Non si salva né tuo padre, né tuo nonno, Né tuo fratello. E neppure il fidanzato, che parla tanto di ”sorellanza” e ti promette amore eterno. Né il compagno delle manifestazioni che, se si fruga nella sua vita, troverà più di una storia di maltrattamento di cui è stato autore o complice di umiliazione. Molti hanno ferito, punito emotivamente, minimizzato, a spiegare situazioni lavorative o accademiche a qualcuna come se fosse inferiore. Hanno deriso e negato le soggettività e le identità che non corrispondono al binarismo patriarcale. Hanno abusato dei propri privilegi. Non siamo contro tutti gli uomini, ma contro quelle persone che sostengono e fomentano pratiche patriarcali, oppressive, violente. Vogliono che continuiamo a stare chiuse nelle nostre case come se niente fosse. Li infastidisce il fatto che usciamo per strada con una benda sugli occhi, vestite come vogliamo per cantargli che i violentatori sono loro. Ma noi non ci stanchiamo di gridare. Fino a che questa rabbia non si trasformerà in rivoluzione. 
Ci rubano tutto, tranne la rabbia.

Dal libro La Resistenza delle donne di Benedetta Tobagi

Dopo la Liberazione per le donne inizia il periodo forse difficile, perché sulle imposizioni della società hanno la guerra dentro, sempre, da sempre. Un coro greco di genitori, fidanzati, mariti, parroci, politici, altre donne, e chi più ne ha più ne metta, coi loro sguardi e giudizi implacabili, che scatenano un corto circuito con le vocine annidate così infondo alla testa che nemmeno le riconoscono più. Le dicono di stare zitta, di essere brava e buona, altrimenti resterà sola, sarà una reietta, finità male, sarà la vergogna e la rovina della famiglia o del partito, perché le dinamiche si riproducono tali e quali (”la sezione femminile era la moglie devota, e il partito il marito autoritario che deteneva il potere”, scrive Joyce Lussu). 

Le vocine sono un sottofondo continuo, si mescolano all’aria che si respira, si travestono da evidenza e dato di fatto, finché qualche circostanza drammatica, o magari una compagna più consapevole, non le smaschera. 

Dal diario della partigiana Ada Gobetti dopo il 25 aprile

Confusamente intuivo che incominciava un’altra battaglia, più lunga, più difficile, più estenuante, anche se meno cruenta. Si trattava ora di combattere non più contro la prepotenza, la crudeltà, e la violenza – facili da individuare e da odiare – ma contro interessi che avrebbero cercato subdolamente di risorgere, contro abitudini che si sarebbero presto riaffermate, contro pregiudizi che non avrebbero voluto morire: tutte cose assai più vaghe, ingannevoli, sfuggenti. e si trattava inoltre di combattere tra di noi e dentro noi stesso, per chiarire, affermare, creare, per rinnovarci tenendoci ”vivi”, e ognuno avrebbe dovuto faticosamente, tormentosamente, attraverso diverse esperienze, assolvendo compiti diversi, umili o importanti perseguire la propria luce e la propria vita.

Dopo la Liberazione parecchi mariti ricominciano a brontolare, quando le loro donne escono per andare alle riunioni di sezione, o al sindacato. Il fascismo è finito, ma il patriarcato è ancora in gran forma.

Dal libro Il punto zero della rivoluzione di Silvia Federici

Dietro a ogni fabbrica, Scuola, ufficio o miniera c’è il lavoro nascosto di milioni di donne che hanno consumato la propria vita e il proprio lavoro per produrre la forza lavoro occupata in queste fabbriche, scuole, uffici o miniere.

Gli uomini possono accettare i nostri servizi e goderne perché pensano che per noi il lavoro domestico sia facile, pensano che ci piaccia, perché lo facciamo per amor loro. Solo quando gli uomini vedranno il nostro lavoro come lavoro, il nostro amore come lavoro, e soprattutto la nostra determinazione a rifiutare entrambi, cambieranno il loro atteggiamento nei nostri confronti. Solo quando migliaia di donne scenderanno in piazza e annunceranno che continuare a pulire, essere sempre affettivamente disponibili, scopare a comando per paura di perdere il posto di lavoro, è un lavoro duro, odioso che consuma le nostre vite, gli uomini si spaventeranno e sentiranno il loro potere minacciato. 

Ma questa è la cosa migliore che gli possa capitare, perché denunciando in modo in cui il capitale ci ha separato (il capitale ha disciplinato loro attraverso noi e noi attraverso loro), noi-il loro sostegno, le loro schiave, le loro catene-apriamo il processo della loro liberazione. 

Nel caso delle donne, provare a educare gli uomini ha significato solo che la nostra lotta è stata privatizzata e combattuta nella solitudine delle nostre cucine e camere da letto. è il potere che educa. All’inizio gli uomini avranno paura, poi impareranno perché sarà il capitale ad avere paura. Perché non stiamo lottando per una più equa ridistribuzione del nostro lavoro stiamo lottando per porre fine a questo lavoro e il primo passo è dargli un prezzo. 

Vogliamo e dobbiamo dire che siamo tutte casalinghe, siamo tutte prostitute e siamo tutte lesbiche. Perché, finché pensiamo di essere qualcosa di meglio, qualcosa di diverso da una casalinga, accettiamo la logica dei padroni, che è divisiva. Vogliamo chiamare lavoro quello che è lavoro, per poter riscoprire cos’è l’amore.

Dal libro Jin, Jiyan, Azadi

L’ hevaltî, tradotto come compagnerismo, è il principio rivoluzionario fondamentale. A sua volta, la base dell’ hevaltî è l’amore, un amore vero e pieno di desideri di libertà, sviluppo e crescita personale e collettiva, definisce le relazioni tra persone, l’obiettivo è quello di costruire relazioni libere da dipendenze e piene di fiducia, amore e volontà di sacrificarsi gli uni per le altre. Include anche il sostegno reciproco nella costruzione di personalità libere.

 Cosa richiedono i valori legati all’hevaltî? Devi sempre proteggere le tue compagne, supportarle perché siano una forza risolutrice. Avrai sempre a cuore la vita delle tue compagne, ti metterai davanti ai pericoli che le minacciano, difenderai le tue compagne rimarrai insieme a loro. Non coinvolgere le tue amiche nelle debolezze e non permettere che ne siano influenzate, giacché sono fonte di deterioramento e morte. Non permettere che un’amica dipenda da altre persone, affinché possa manifestarsi in piedi in ogni circostanza. p. 111-112

C’è stata una lunga lotta di genere. Questa lotta richiesto uno sforzo molto maggiore rispetto alla lotta contro il nemico. Heval Pelsîn Tolhildan

Dal libro Orso, scritti dalla Siria del Nord-Est di Lorenzo Orsetti, heval Tekoser Piling

27 gennaio 2018
Le ansie, il disagio che proviamo ogni giorno, le sicurezze, sappiamo bene essere indotte dalla società attuale (della quale lo spettacolo è portavoce). Deboli, divisi, manipolabili, conformi al ruolo che c’è stato designato. Incapaci di trovare sollievo (superficiale momentaneo) se non nel consumo.
Vedere famiglie così unite, che hanno poco e nulla se non il reciproco affetto, che hanno lottato, hanno sofferto (in ognuna di esse vi è qualche membro che ha dato la vita durante la lotta o morto sotto qualche bombardamento), e che nonostante tutto trovano la forza di continuare la propria vita con il sorriso penso mi abbia dato una grandissima lezione di vita.
Amore, dolore, ho sempre pensato fossero due facce della stessa medaglia, due sentimenti indissolubili, ma forse mi sbagliavo. Bisogna combattere ciò che si ama, e anche quando la situazione sembra delle più nere non si deve mai permettere al dolore di avere la meglio. Una vita semplice, a misura d’uomo, fatta di poche cose e di emozioni autentiche e possibile, ma vuol dire rinunciare a tutto quello che ci hanno fatto credere essere indispensabile.

7 luglio 2018 
La vendetta rivoluzionaria richiede una profonda coscienza di classe. L’odio, la vendetta, la rabbia e l’amore mancano di bersaglio se non hanno le giuste basi. Se la consapevolezza, le emozioni e i desideri non sono legati a un ideale, non si può parlare di coraggio , di virtù e di affidabilità. Sakine Casiz nata il 12 febbraio 1958 in Turchia, militante tra le fondatrici del pkk, il partito dei lavoratori del kurdistan, assassinata insieme a Fidan Dogan e Leyla Soleymez, sue compagne e militanti della causa kurda, nel gennaio 2013 nel cuore di Parigi

4 gennaio 2019
Devi credere sopra ogni altra cosa che la rivoluzione deve arrivare, che non c’è altra scelta. Abdullah Öcalan 

Dall’ultima lettera di Sheid Tekoser
Spero che anche voi un giorno (se non lo avete già fatto) decidiate di dare la vita per il prossimo, perché solo così si cambia il mondo. Solo sconfiggendo l’individualismo e l’egoismo in ciascuno di noi si può fare la differenza. Sono tempi difficili, lo so, ma non cedete alla rassegnazione, non abbandonate la speranza, mai! Neppure per un attimo. Anche quando tutto sembra perduto e i mali che affliggono l’uomo e la terra sembrano insormontabili, cercate di trovare la forza e di infonderla nei vostri compagni. è proprio nei momenti più bui che la vostra luce serve. 

E ricordate sempre che ”ogni tempesta comincia con una singola goccia”. Cercate di essere voi quella goccia.
Serkeftin

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